La Samsung stupisce ancora. A chi si stesse già chiedendo cosa si sarebbero inventati, stavolta, risponde il nuovo gioiellino della telefonia, il Galaxy S5, che dall’11 aprile farà il suo esordio sul mercato. Le novità? Oltre al design affidato allo schermo Super Amoled curvo, per la gioia degli amanti del fitness, il nuovo dispositivo è dotato di un lettore delle impronte digitali.
Una soffiata dalla Apple, sembrerebbe, che con l’Iphone5 aveva già provveduto a rafforzare i sistemi di privacy e sicurezza attraverso il rilevamento impronte. Ma le sorprese non sono finite: il Galaxy S5 sarà comprensivo di un sensore del battito cardiaco. A cosa serve? La risposta è a discrezione dei clienti.
Una cosa, però, è certa: lo smartphone sta acquistando un potere del tutto nuovo. Le aziende produttrici non si accontentano più di implementare le prestazioni del prodotto a vantaggio del consumatore, ma chiedono che il prodotto parli del suo proprietario. In una generazione che, se costretta a decidere cosa salvare dalla propria casa in fiamme, non avrebbe dubbi nel dare la priorità allo smartphone, la Samsung offre uno strumento che rafforzi quel senso di appartenenza, puntando sulla riconoscibilità.
Ti senti morire? Niente paura, il Galaxy S5 ti assicura che il battito è regolare. Hai dei video compromettenti sul telefono che congiurano contro la tua reputazione? Poco male, il Galaxy S5 riconosce solo il tuo pollice. Ma se si è quasi pronti ad ammettere quel malcelato senso di potere che si ha quando la tua impronta diventa la tua password, un po’ di domande restano incastrate nel compiacimento del nuovo. Insieme all’inquietante crisi identitaria di chi non sa più se è il proprietario o lo strumento.